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Evelina Giordano

Quel che resta del Castello di Canosa


Sono tantissimi i castelli e le fortezze della meravigliosa terra di Puglia, pronti a raccontare la storia, e regalare forti emozioni. Alcuni di essi si presentano ben conservati e in buono stato. Altri invece, probabilmente abbandonati al disprezzo del tempo, appaiono ai nostri occhi diroccati e/o ridotti a veri ruderi, pur conservando tutto il loro fascino di luoghi del mistero di un’epoca che non esiste più.


Nel territorio della città di Canosa, importante incrocio delle vie di comunicazione della Puglia, sono ancora visibili i ruderi monumentali di un Castello medioevale, edificato sui resti della cinta dell'acropoli greca, a 134 mt. sul livello del mare, sulla collina detta dei SS. Quaranta Martiri che domina l'Adriatico. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi, e sono avvolte nella leggenda e nel mistero.

Quel che rimane della costruzione fa supporre l’esistenza di un primo fortilizio eretto a cura dei bizantini e, successivamente abitato dal sovrano longobardo, Autari, verso la fine del VI secolo. La struttura, specialmente intorno al IX secolo, a causa dei ripetuti assalti condotti dai Saraceni, è stata più volte fortificata, e resa inespugnabile, sia dai bizantini che dai normanni nella ripetuta alternanza di dominio che la Puglia subì.

Una descrizione varia e frammentaria dell’edifico ormai inesistente, fa intuire che la sua originaria forma alquanto irregolare, rappresentava molto probabilmente quella di un poligono esagonale, non poi così rara nei castelli medievali, con sei torri, di pianta quadrata e massiccia sporgenti agli spigoli, per una superficie di circa 2.000 mq. Nel corso degli anni e delle tante vicissitudini le torri e i muri di cinta sono pian piano crollati. Solo una delle torri, la più alta, posta sullo spigolo estremo di sud- est, risulta abbastanza ben conservata.

Nell’insieme, le tracce rimaste sono costituite da grandi blocchi di pietra e di tufo durissimo a forma parallelepipeda, di sicura epoca greca e romana, da cui però nessun dettaglio decorativo può testimoniare lo stile architettonico di un’epoca sicuramente ricca e fastosa. Sembra che in epoca sveva, durante i lavori per l’edificazione di Castel del Monte, Federico II abbia scelto il maniero come residenza temporanea. Un’altra notizia, anch’essa non certa, riguarderebbe la presunta prigionia nel Castello di Canosa di Elena d’Epiro fino alla sua morte, seconda moglie di Manfredi, figlio di Federico II, e dei suoi figli Enrico di 4 anni, Federico di 2 e Azzollino ancora poppante, rinchiusi con lei sotto falso nome. Nei seguenti secoli seguirono altre dominazioni importanti da parte di angioini, aragonesi e spagnoli fino alla rovinosa decadenza e, in molti punti, importanti crolli del castello. Nel 1704 fu acquistato dalla famiglia Capece-Minutolo, che provvide a costruire sulle rovine, e con lo stesso materiale rinvenuto, un palazzo baronale. Successivamente i feudatari, trasferitasi nella città di Napoli, affidarono il palazzo a procuratori, la cui incuria e indolenza determinò per la struttura, ancora una volta, un periodo di decadenza, aggravato dal tempo a dagli svariati terremoti e incendi. Tutta l’area, per moltissimi anni, fu utilizzata ad ospitare circhi equestri e, in seguito, la parte centrale fu adibita a coltivazione e a sfruttamento fino all'anno 1956, quando il Comune di Canosa acquistò ciò che rimaneva dell’antico grandioso Castello, ovvero le torri fortificate e parte dei muri di cinta.


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